mercoledì 26 settembre 2012

Materiali 21 aprile (mattina) Intervento di Pina Caporaso

Il self-help come motivo di incontro tra generazioni di donne

Desidero raccontarvi, dal mio punto di vista, come è nato l’ incontro generazionale che ha dato vita all’iniziativa “Self-help riparliamone”. Era il 2004 e stavo scrivendo la mia tesi di laurea in sociologia del diritto sulla Legge 194. Un libraio anarchico di San Lorenzo, dal quale transitavo per cercare informazioni e materiali sul tema, mi disse che dovevo cercare “le donne di via dei Sabelli”, le quali però non stavano più in via dei Sabelli, ma alla Casa Internazionale delle Donne. In quel periodo Archivia era agli albori, in via di fondazione: vi trovai scatoloni in parte ancora chiusi, con materiali da inventariare, e lì  incontrai Ines Valanzuolo. Ines mi ha comunicato un'immediata trasparenza nel volersi raccontare e nel riannodare i fili, è stata una percezione molto forte. Quello con Ines è stato per me il primo e, forse, fondativo rapporto con una generazione alla quale non appartengo e che, da quel lavoro su via dei Sabelli, mi venne voglia di riscoprire. Dopo Ines ho conosciuto Silvia Tozzi e le altre donne che, tutte con personalità diverse, avevano contribuito alla nascita dell'importantissima esperienza di uno dei primi consultori autogestiti nella città di Roma, che ebbe una valenza molto ampia.
Il primo approccio che ho avuto al self-help è stato proprio tramite loro. Era chiarissimo dalle interviste che la pratica dell'aborto, anche quello autogestito quando era ancora clandestino, si inseriva pienamente in un discorso di riappropriazione del corpo, che era uno dei temi centrali del self help, insieme alla sottrazione del corpo femminile ad un potere medico che insegnava, come mi hanno raccontato poi le donne intervistate, per esempio, che le mestruazioni erano il pianto dell'utero che non veniva fecondato...
   Successivamente, nel 2009, ho conosciuto Livia Geloso, fu Ines a metterci in contatto ad Archivia, e decidemmo di riprendere la storia del GFSD, del quale Livia aveva fatto parte e ne aveva già scritto una dettagliata cronologia (presente sul blog). Cominciammo con delle interviste alle donne del gruppo, fatte sia in presenza che via skype, dai cui racconti emerge la centralità del corpo come riunificazione tra psiche e soma, e l'attraversare la memoria senza poter mai prescindere dalle pratiche. Quest'ultimo aspetto è stato per me il più interessante ed indicativo della difficoltà di raccontare il self help, che è stato espressione di un sapere eminentemente pratico. Luciana Percovich ha fatto un lavoro bellissimo con “La coscienza nel corpo”, mettendo insieme le riflessioni con tutto il materiale del tempo. Scherzando ma non troppo, ho definito questo libro una “Bibbia”, uno strumento davvero molto utile che permette di orientarsi nei temi e nelle esperienze che trattarono del corpo nel movimento femminista italiano e non solo.
   Penso che per raccontare occorra esplorare anche altre strade, per esempio quella dell'audiovisivo, uno strumento efficace e divulgativo, perché questa storia va tirata fuori. Quando si incontrano documenti e racconti di queste esperienze si scopre che le donne hanno vissuto esperienze pazzesche, che abbiamo voglia di conoscere, e sento di interpretare il pensiero di altre mie coetanee con le quali ci definiamo “femministe” ma senza un contesto collettivo di riferimento. Siamo sicuramente molto disponibili a raccogliere le memorie, l'abbiamo fatto per le tesi ma continueremo anche oltre.
   Oggi viviamo un periodo di grandissime contraddizioni, nel quale io vedo più i chiaroscuri che gli scuri. Le ostetriche, ad esempio, anche quelle più giovani, stanno facendo un lavoro interessante, tra i più radicali, sul parto e la nascita, ma anche sulla conoscenza del corpo, con un approccio de-medicalizzato. E' vero che in Italia il percorso nascita è molto controllato, anche dalle tecnologie,  ma in alcuni gruppi, ancora di nicchia, ritorna l'importanza del parto in casa, dell'allattamento al seno. Questo filone dell'ostetricia che sta avanzando è un aspetto di grande importanza. Una questione di tutt'altro segno, questa volta uno “scuro”, riguarda la chirurgia estetica, in particolare la vaginoplastica e tutti gli interventi ricostruttivi dell'imene, delle labbra, etc. Si tratta di pratiche crescenti in Occidente che destano parecchi motivi di inquietudine. Concludo ringraziando tutte voi e rinnovando la disponibilità a continuare questo lavoro, cercando le sue propaggini anche nell'attualità di cui la mia generazione fa parte.

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