domenica 10 novembre 2013

Un ponte tra gli anni Ottanta e oggi

Il ruolo di Archivia è tessere collegamenti tra il passato e il presente attraverso l'incontro tra donne di generazioni diverse. L'iniziativa Self-help riparliamone sviluppa questa finalità relativamente all'esperienza dei gruppi di self-help e del movimento per la salute delle donne.
La quarta giornata d'incontro e di studio, che si svolgerà sabato 7 dicembre, parte dal convegno "Chi ha paura della cicogna?" che si tenne, a Roma, nel marzo 1983, sono passati trent'anni. Il convegno del 1983 era dedicato alla nuova cultura della nascita e del parto e al progetto di "Casa di maternità".
Vogliamo riportare alla luce quel momento e tracciare il paesaggio di questi trent'anni sulle tematiche e le esperienze della nascita, del parto, della maternità nell'ottica del self-help. Anche per questo, dovendo scegliere il titolo della giornata, abbiamo voluto riprendere quello del 1983: "Chi ha paura della cicogna trent'anni dopo? Self-help, nascita, maternità: riparliamone".
Il convegno del 1983 venne organizzato dalla Cooperativa DO.RI.S. (Documentazione-Ricerca-Salute), la cooperativa formata dalle donne del Gruppo Femminista per la Salute della Donna (GFSD) di Roma, in collaborazione con l'Assessorato ai Servizi sociali della Provincia di Roma. La Cooperativa DO.RI.S. gestiva un Centro di salute e un Centro di documentazione e diffusione di informazioni sulla salute delle donne.
Per dare inizio alla costruzione di questo nuovo "ponte", leggiamo insieme la relazione introduttiva del convegno del 1983.

"Nuova cultura della gravidanza e del parto"
Rita Mazzone, presidente della Cooperativa DO.RI.S. 

La Cooperativa DO.RI.S., già Gruppo femminista per la salute della donna, è formata da donne che lavorano sul problema della salute. Nell'attività svolta fino adesso abbiamo sempre cercato di stimolare la partecipazione, l'intervento sulla gestione della salute nei vari momenti della vita delle donne: mestruazioni, contraccezione, gravidanza, parto, menopausa, sessualità. Il nostro
interessamento a questi momenti è stato sempre mirato a promuovere una pratica di non delega e di autogestione della salute. Nell'ambito della nostra cooperativa che da quattro anni ha maturato esperienze sulla maternità, in stretto collegamento con centri, ospedali, italiani e stranieri, è nato il progetto Casa di Maternità.
Attualmente stiamo elaborando diverse attività complementari finalizzate a sottolineare il diritto per la donna, la coppia e il bambino di riconoscersi come soggetti attivi della nascita. In questo senso stiamo elaborando una ricerca mirata, da una parte, alle condizioni e modalità d'intervento e, dall'altra, alla domanda che le donne pongono all'istituzione sanitaria. La novità e l'originalità di questo progetto di ricerche è testimoniato dalla mancanza su tutto il territorio nazionale di studi e di ricerche che prendano in esame la complessiva realtà della nascita nelle strutture.
Questa ricerca dovrà, perciò, fornire gli elementi di confronto tra l'attuale organizzazione sanitaria e la domanda emergente; questo, infatti, ci permetterà di giungere a una definizione dei criteri di funzionamento della struttura Casa di Maternità. Stiamo approfondendo i contenuti e le modalità più rilevanti per l'aggiornamento e la formazione del personale sull'evento nascita, nelle sue variabili soggettive, sanitarie e sociali. Prendiamo spunto anche dalle iniziative straniere che riteniamo più significative.
L'ipotesi a cui stiamo lavorando con maggiore impegno è quella di realizzare una Casa di Maternità, ed è in questa prospettiva che, in questa sede, ci interessa un confronto con i relatori presenti, con gli operatori del servizio materno-infantile di Roma e del Lazio, soprattutto con le donne. Il progetto "Casa di Maternità" tende a concretizzare in un luogo fisico il patrimonio delle nuove conoscenze scientifiche e di maturazione politica e culturale sui temi di gravidanza, parto, nascita e puerperio. La funzione della Casa di Maternità dovrebbe esser quella di dare una testimonianza e un stimolo al processo di cambiamento avviato nelle strutture ospedaliere e di offrire ai protagonisti della nascita un punto di riferimento per l'elaborazione di nuovi modelli culturali. In questo senso riteniamo che la gravidanza e il parto siano eventi fisiologici con aspetti psicologici e sociali, perciò, è necessario un luogo che permetta di ovviare ai problemi che attualmente presenta il contesto ospedaliero strutturato per curare e assistere la patologia. E' necessario, quindi, un luogo dove gravidanza e parto possono essere vissuti con quegli elementi di intimità e solidarietà che sono indispensabili per restituire a tali eventi il loro ruolo fondamentale.
Questo luogo deve poter garantire l'assistenza a livello medico e psicoaffettivo. La Casa di Maternità dovrebbe, inoltre, essere un luogo aperto a chi vuole confrontarsi con esperienze di maternità e nascita, a chi vuole discutere della propria gravidanza e parto, e a tutti coloro che intendono costruire una cultura diversa del parto aderente ai bisogni  degli utenti. E' necessario, infatti, realizzare strumenti che permettano alle donne di socializzare gli oneri e i piaceri della maternità consentendo loro di uscire dall'isolamento nel quale tradizionalmente vengono lasciate ad occuparsi dei figli. E' necessario potenziare le competenze possedute dai protagonisti della gravidanza e del parto per evitare che, come avviene in conseguenza della medicalizzazione, si sentano talmente incapaci da dover delegare ogni responsabilità agli esperti. Assistiamo, infatti, a due fenomeni contrastanti connessi con il calo delle nascite: da una parte, l'aumento dei parti in quei pochi ospedali ad alto livello di tecnologia e professionalità; dall'altra, a una migrazione verso strutture private falsamente vissute come rassicuranti. E' sempre più definita la richiesta, da parte degli utenti, di un profondo cambiamento delle strutture esistenti poichè si riconoscono a questo atto caratteristiche di naturale fisiologicità, d'intimità e di bisogno di adeguata assistenza psico-affettiva.
La Casa di Maternità da noi proposta dovrà essere un'unità esterna all'ospedale, e dovrà offrire un'assistenza completa in un'atmosfera simile a quella di casa a tutte quelle famiglie che desiderino un'esperienza di parto. L'unità dovrà essere, cioè, una maxi casa e non un mini ospedale. L'ospedale per definizione è un luogo di cura per malattie tali che necessitano o di macchinari costosi e, perciò, centralizzati, o di interventi chirurgici da eseguire in ambienti sterili, oppure della vicinanza di personale specializzato. Tutto ciò può essere utile solo in situazioni d'emergenza. Il parto rientra in modo anomalo in questo contesto. Non è una malattia e non necessita di un ospedale, ma può averne bisogno. L'ospedale viene considerato un livello di assistenza terziaria per le malattie, dopo quello primario della prevenzione e quello secondario dei poliambulatori. Da anni si cerca di creare una struttura che limiti all'ospedale quelle malattie che non possono essere seguite agli altri livelli, sia per l'insufficienza delle strutture sia per gli alti costi.
Sembra incredibile che il momento del parto sfugga a questa logica. Di fronte alla possibilità di parto fuori della struttura ospedaliera si grida allo scandalo, si dice che sarebbe un tornare indietro. Mentre in altri campi di assistenza si tende a ridurre l'uso di tecnologie costose solo alle gravi patologie, nella gravidanza e nel parto, al contrario, sembra che tutto sia a rischio. Si tende ad applicare tutto a tutte, non si distingue più la patologia dalla fisiologia. Ci sono, infatti, ginecologi affermati che sostengono che non esistono veramente una gravidanza o un parto fisiologici. L'idea di Casa di Maternità nasce proprio come rifiuto di questa mentalità, nasce dalla convinzione che gravidanza e parto non sono malattie. Si deve e si può, pertanto, recuperare il parto come evento fisiologico. L'assistenza alla maternità deve poter essere assicurata anche a livello primario e secondario, non soltanto a quello ospedaliero.
Una nuova gestione del parto, anche a livello sperimentale, potrebbe essere l'occasione per mettere a confronto ciò che viene ritenuto criterio di rischio con quella che è effettiva pratica ospedaliera di routine. In altre parole, vorremmo verificare: in che misura i metodi di screening utilizzati sono attendibili; quali metodi e quali tecniche sono inadeguati; quali patologie di gravidanza o parto scompaiono o si attenuano quando si applica un valido programma di previdenza e assistenza continuativa. Quali risparmi economici e di sofferenze umane! Vogliamo far sorgere il dubbio che l'ospedale non sia il luogo più adeguato per l'espletamento di tutti i parti. Le ricerche in merito dimostrano che è giunto il momento di porsi legittimi quesiti sulle prassi interventiste.
Pur essendo lontani i tempi in cui la mortalità neo-natale era molto elevata, questo grazie alle conquiste in campo terapeutico e preventivo, e grazie soprattutto alle migliorate condizioni socio-economiche; a causa della medicalizzazione del parto assistiamo all'insorgenza di una serie di nuove patologie iatrogene, da imputarsi all'organizzazione e ai tempi imposti dalla struttura sanitaria. Non è facile affrontare qui un discorso rigoroso e sufficientemente analitico sul problema dei danni iatrogeni al bambino e alla madre nel momento del parto. E questo perché non sempre i danni sono riscontrabili alla nascita, non sempre è facile correlare incidenti intraparto con successive lesioni. Non conosciamo ancora le cause di molti handicaps.
I benefici di una certa tecnica non sempre sono stati chiaramente verificati prima che questa sia stata applicata su vasta scala, per esempio, l'amniocentesi e l'ecografia. Vengono usualmente applicate una serie di prassi ostetriche che comportano gravi rischi iatrogeni, fra queste ricordiamo: la posizione supina, l'apertura artificiale dela sacco amniotico, l'uso dell'ossitocina per indurre il parto, l'uso degli anestetici e degli analgesici, l'uso del forcipe e della ventosa, l'episiotomia, il ricorso frequente al cesareo per risolvere tutti i problemi ed, infine, l'ambiente ospedaliero in sé che aumenta la tensione, l'ansia, queste ultime possono provocare l'arresto delle contrazioni, travagli prolungati, con il conseguente aumento di richiesta di farmaci da parte delle donne. Inoltre, la separazione precoce madre-bambino dopo la nascita interferisce con l'attaccamento precoce tra i membri della famiglia e ritarda l'inizio dell'allattamento.
Posssiamo, quindi, articolare, da un punto di vista socio-sanitario, una serie di considerazioni. L'ostetricia, nelle strutture pubbliche, è oggi sempre a rischio perché, il più delle volte, le partorienti giungono ai reparti senza una storia clinica della gravidanza a cui fare riferimento, e senza un rapporto con coloro che saranno addetti alla sua assistenza. Il contatto con l'ospedale comincia spesso quando il travaglio è già iniziato cosicché manca una cartella clinica, manca un'analisi, spesso mancano anche i dati delle analisi eseguite in gravidanza. Colui o colei che volesse accompagnare la donna in sala parto spesso incontra la diffidenza di una struttura che non li riconosce e li considera una scomoda presenza, invece di un valido aiuto per la partoriente. Inoltre, non c'è uniformità di indagini cliniche da effettuare in gravidanza, né dei criteri di rischio per constatare lo stato di benessere dell'unità madre-bambino, per evidenziare le gravidanze ad alto rischio. Ciò comporta una non affidabilità dello screening nell'impossibilità di collegare patologie a cause precise.
Se è vero che la gravidanza, il parto, il puerperio sono un vissuto indivisibile per la donna, è altresì vero che nelle attuali strutture sanitarie questi eventi vengono spezzettati fra varie figure professionali e luoghi d'intervento, e spesso assistiti con prassi diverse e contrastanti. Oltre a ciò, durante la gravidanza, la donna deve affrontare non solo i molti aspetti pratici del suo stato, ma anche le proprie problematiche risvegliate da questo evento, che ha implicazioni impensabili se osservato nei soli aspetti fisiologici. Per tutto ciò affermiamo che la donna ha il diritto di trovare intorno a lei un ambiente intimo e degli operatori coscienti.
Medici e operatori sanitari cominciano da più parti a lamentare i limiti dell'attuale struttura e, nello stesso tempo, le donne e le loro famiglie risentono del disagio delle condizioni imposte dagli ospedali e dalle cliniche private, richiedendo una gestione più umanizzata e partecipata del parto. In questo contesto culturale e ospedaliero, l'istituzione di una Casa di Maternità vuole venire incontro alle esigenze di garantire l'assistenza tecnica e sanitaria alla gravidanza e al parto a basso rischio, senza rinunciare ai vantaggi di un ambiente più familiare e domestico. La Casa di Maternità vuole essere un luogo che favorisce e promuove la gravidanza e il parto fisiologici; un luogo che rafforza la relazione madre-padre-bambino; e che permette la socializzazione di quest'esperienza con altre donne, coppie, famiglie e strutture sociali e culturali. La Casa di Maternità non si configurerebbe come un piccolo distacco ospedaliero, ma proprio come una casa che, essendo in stretta vicinanza urbanistica e in stretto rapporto di collaborazione con un reparto ostetrico, per eventuali emergenze, fornirebbe la soluzione logistica adeguata alle esigenze di sicurezza che la struttura urbana non consente al parto a domicilio.  
Con la Casa di Maternità ci proponiamo di rendere praticabile la realizzazione del parto come evento naturale non medicalizzato, tutto ciò attraverso una preparazione e una partecipazione adeguate. Tale scopo si persegue assistendo le donne con gravidanze fisiologiche, durante l'intero arco dell'esperienza, in un ambiente adeguato, con presenza di un'équipe di personale specializzato a livello di preparazione e assistenza. Nel complesso, gli obiettivi che si vogliono raggiungere con l'attuazione della Casa di Maternità sono: unire i vantaggi di un ambiente domestico a quelli di dell'assistenza tecnico-sanitaria, assistenza finora attuabile solo in cliniche e in istituzioni ospedaliere; ovviare agli inconvenienti propri del contesto ospedaliero strutturato per assistere la patologia; creare un ambiente ottimale per accogliere il bambino alla nascita, lasciandolo insieme ai genitori per tutto il tempo desiderato, fin dai primi momenti di vita; offrire alla donna e alla coppia l'opportunità di vivere l'avvenimento del parto come momento di crescita e di espressione personale; permettere al padre di partecipare pienamente alla nascita; sensibilizzare il partner e i referenti affettivi sulle modificazioni fisiche e psicologiche della madre del bambino; coinvolgere nell'autogestione dell'assistenza all'evento i familiari con l'utilizzo e l'acquisizione di alcune conoscenze tecniche specifiche; ridurre il pericolo di infezioni pediatriche grazie alla minore presenza di bambini nello stesso ambiente; favorire l'acquisizione da parte dei genitori di conoscenze relative all'accrescimento, allo sviluppo, all'alimentazione e alla prevenzione per il bambino; permettere alla madre e al bambino un sollecito rientro a casa, garantendo ad entrambi assistenza sanitaria e pratica a domicilio.
C'è, poi, la questione della riduzione dei costi sanitari. Infatti, si tratta di uno dei più importanti risultati che contiamo di raggiungere attraverso la realizzazione di questo progetto. Ciò sarà possibile riducendo al necessario le analisi, le ecografie, grazie ad un modulo di assistenza continuativa e unitaria; riducendo le giornate di ricovero durante il parto e il puerperio; riducendo gli interventi medicalizzanti per l'assistenza al neonato; e, in generale, attraverso un impiego più razionale di personale e attrezzature.
Ci preme ribadire che della Casa di Maternità usufrirebbero le donne con gravidanze a basso rischio. Per garantire un completo programma di prevenzione, screening, preparazione e assistenza, le coppie e le donne si dovrebbero rivolgere a questa struttura non oltre la 22° settimana di gestazione. Le gravidanze ritenute a rischio verrebbero orientate verso i centri specialistici competenti, rispettando i criteri standard di rischio.
Tale progetto s'inserisce nell'ambito e nello spirito della riforma sanitaria dei servizi sociali e non vuole sovrapporsi ai servizi già esistenti, ma inserirsi al loro interno in un continuum di assistenza alla gravidanza, al parto e al puerperio. Infatti, nonostante la riforma preveda il massimo di integrazione e di coordinamento dei servizi del settore materno-infantile, si assiste spesso ad uno scollamento tra gli stessi e al fatto che i problemi di gestione del servizio vengono considerati prioritari rispetto al soddisfacimento dei bisogni dell'utenza. Perché sia ipotizzabile un progetto di cambiamento culturale di tale portata, è indispensabile sottolineare il ruolo fondamentale dei consultori e della formazione e riqualificazione del personale. La riqualificazione dovrà essere mirata verso tre obiettivi: la ricerca e la diffusione di nuove tecniche e conoscenze scientifiche per le gravidanze ad alto rischio; l'individuazione e la diffusione di codici operativi che forniscano un utile strumento di prevenzione primaria, secondaria e terziaria; inoltre, sarà necessario che il personale sia portatore di conoscenze e strumenti che favoriscano la relazione primaria madre-coppia-neonato.
La Casa di Maternità vuole essere un progetto pilota, uno strumento di promozione per la ricerca e la socializzazione di conoscenze ed esperienze sulla gravidanza, sul parto e sul puerperio e sulle loro possibilità modalità di gestione. Per essere realizzato tale progetto ha bisogno del consenso di tutte le donne verso le quali il progetto è in primo luogo rivolto. E' necessario riuscire a sensibilizzare l'opinione comune e a coinvolgere gli amministratori pubblici e le istituzioni mediche.
Infine, vogliamo affermare che l'assistenza al parto deve essere garantita anche fuori della struttura ospedaliera. Nell'attuale situazione, il parto a domicilio è sì libero, ma non è assistito né tanto meno gratuito. Poiché il parto è divenuto un evento raro proprio della fisiologia della riproduzione umana, è indispensabile che la riforma sanitaria garantisca un'assistenza per il parto non esclusivamente al terzo livello, quello ospedaliero. La riforma, infatti, prevede che ogni utente abbia diritto al controllo sulla propria salute e, per definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per "salute" si intende il massimo livello d'integrazione e di benessere psicofisico.    
          

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