lunedì 15 aprile 2013

"Il self-help e l'approccio corporeo alla corporeità"

SH Materiali 20 aprile 2013
Relazione introduttiva a cura di Livia Geloso

"Il self-help e l'approccio corporeo alla corporeità"


Il self-help ci ha fatto ri-incontrare
Riparlare del self-help con donne delle generazioni successive alla mia, soprattutto con donne che sono nate negli anni Settanta e Ottanta, e che hanno ripreso criticamente l'eredità del neofemminismo, sta ridando nuova vita all'esperienza conservata dentro di me. Credo ne sia stato simbolo il sogno di avere di nuovo le mestruazioni - io che sono nata negli anni Cinquanta -, sogno che ho fatto dopo una riunione con alcune di loro nel novembre scorso, nella biblioteca di Archivia.
Le mestruazioni hanno avuto, infatti, un posto centrale nell'approccio corporeo alla corporeità che i gruppi di self-help hanno sviluppato. Le mestruazioni insieme alla sessualità sono stati tra i campi d'esperienza fondamentali e tra i temi più importanti di riflessione delle donne dei gruppi di self-help, alla ricerca di un nuovo modo di fondare le identità e gli orizzonti di senso, a partire dall'esperienza corporea condivisa. Le mestruazioni e la sessualità saranno anche al centro di questo terzo incontro dell'iniziativa Self-help riparliamone; declinate da donne della generazione degli anni Settanta e Ottanta, che si sono imbarcate nell'impresa di tessere dei fili di memoria e di esperienza tra il passato e il presente del movimento delle donne, in particolare rispetto alle pratiche.

La specificità di questo terzo incontro consiste proprio nell'ascoltare alcune di queste donne, e sulla base dei loro interventi, così come della relazione-cornice, portare avanti il confronto e la riflessione nei gruppi di discussione. Tutte le relazioni nascono da un lavoro di confronto in gruppo e a livello individuale. Il confronto è scaturito dall'incontro precedente, il secondo di Self-help riparliamone, svoltosi il 17 novembre 2012, sempre qui alla Casa internazionale delle donne di Roma e sempre con il patrocinio di Archivia, il fondo documentale e biblioteca della Casa.
Intorno a tutto questo e come sfondo c'è la questione del rapporto tra pratiche e teorizzazione, tra esperienza e presa di parola. Da qui l'idea del titolo della mia relazione introduttiva, che può sembrare un gioco di parole, e un po' lo è. E' importante, infatti, chiarire subito che l'approccio alla corporeità, in Occidente, può essere sia corporeo - nel senso di cercare di tenere insieme corpo e mente -, sia prettamente mentale, ovvero, oggettivante. La distinzione è sottile da cogliere perché siamo immersi/e nella tendenza oggettivante che tratta il corpo come uno strumento di lavoro e di esibizione, e come un oggetto di studio; ed anche perché le sensazioni e le rappresentazioni sono intrecciate tra loro in modo complesso. Si tratta, dunque, di un confine sottile ma allo stesso tempo potente, e che passa attraverso ognuno/a di noi collegandoci alla dimensione collettiva. Mi vengono in mente, a questo punto, le seguenti parole di Luciana Percovich sull'esperienza del self-help: "noi lavoravamo per allargare la nostra coscienza, tenendo uniti il corpo e la mente...con un coinvolgimento personale, politico ed emotivo fortissimo" (La coscienza nel corpo, 2005, p.13). 
L'approccio corporeo alla corporeità, in Occidente, non trova facilmente le parole per raccontarsi, ed è quello che è accaduto anche ai gruppi di self-help, i quali hanno prodotto pochissima teorizzazione, cosicché, in Italia, si stava rischiando di perderne anche la memoria. Eppure la pratica del self-help, insieme alla pratica dell'autocoscienza, costituisce il contributo assolutamente originale del neofemminismo al campo delle pratiche politiche.

La memoria e il sapere dei corpi
Un motivo della difficoltà a raccontarsi e a teorizzare potrebbe essere data dalla considerazione che l'esperienza eccede sempre il pensiero ad essa connesso. Partendo da questo assunto, mi sembra interessante proporci di esplorare in che modo l'esperienza del self-help abbia ecceduto la possibilità di teorizzazione negli anni '70. Silvia Tozzi, a mio avviso, ha dato inzio a questa riflessione quando ha scritto: "I gruppi per la salute, negli anni '70, erano diversi tra loro e in osmosi col resto del movimento, ma anche segnati da aspetti specifici che ne fanno un'area a sé. Alla metà del decennio, questi gruppi si sono trovati al centro del femminismo che scendeva nelle piazze proprio sui temi della salute e della sessualità senza aver potuto ancora elaborare le intuizioni del self-help." (S. Tozzi, UDI-La goccia, "Corpo e scienza nel movimento per la salute", 1989, p. 170)
E' anche importante ricordare che i gruppi di self-help avevano come obiettivo consapevole quello di occuparsi del sapere sulla salute e sulla corporeità in Occidente, sia in senso critico sia in senso costruttivo, per "prendere saldamente in mano i processi che ci toccano da vicino" e che riguardano le radici della sopravvivenza. Si tratta di idee-forza di cui fa parte la concezione di un sapere che deve derivare dalla ricomposizione della scissione occidentale e patriarcale tra il corpo divenuto oggetto "e le condizioni quotidiane, il lavoro, i sentimenti" (S. Tozzi, ibidem).
Luciana Percovich, che definisce l'area dei gruppi di self-help un movimento nel movimento, individua anche un altro elemento di cui tenere conto, un elemento tutto interno al movimento delle donne in quegli anni: "il tratto caratteristico di questo movimento nel movimento fu da un lato quello di uscire vittorioso circa il raggiungimento degli obiettivi a breve termine...ossia accoglimento delle richieste di modifica delle condizioni materiali riguardanti l'accesso alla contraccezione e all'aborto, e dall'altro quello di essere sempre stato considerato in qualche misura altro rispetto alle correnti più teoriche del movimento stesso." (L. Percovich, La cosc., p.15). E questo essere considerato altro si evidenzia per esempio nella definizione di "femminismo di servizio" da parte di altre femministe. La dimensione culturale della corporeità rimase per lo più latitante negli anni Settanta, rimanendo stretta e costretta tra biologia e medicina, come scrisse Mariella Pandolfi sulla rivista Memoria (n. 33-1991, p 46), riprendendo alcune riflessioni di Silvia Tozzi. Ma vediamo come si esprime Pandolfi: "Ho una sensazione forte e continua nel rileggere i numeri di Memoria in cui il corpo femminile è discusso, raccontato, vestito e svestito: la sensazione di un oggetto manipolato e costretto che non riesce mai a diventare soggetto...Vi era in quegli anni la necessità politica di contestualizzare il corpo fino a costringerlo, a piegarlo, a coglierne solo gli aspetti coercitivi, la dimensione di non autonomia...tralasciando tutte le possibili multivocalità attraverso cui il corpo poteva ridisegnare, se pur in filigrana, alcune particolari forme espressive di autonomia...Silvia Tozzi ricorda che 'per una ricostruzione storica non appiattita da astrazioni, che dia valore alle scelte dei soggetti, si dovranno considerare anche gli scarti, le discontinuità...i residui che non hanno superato il filtro della visibilità".

Il self-help e la riscoperta del corpo

Invece, oggi che la osserviamo da un punto di vista storico ampio, l'esperienza del self-help risulta inscritta nella storia occidentale della "riscoperta del corpo", che prende inizio nella seconda metà dell'Ottocento, in reazione agli aspetti negativi dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione; "riscoperta del corpo" che vive una nuova stagione, riprendendo forza, nella fase postcoloniale iniziata negli anni Sessanta.
Tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, per esempio, in Germania, prendono vita movimenti sociali di "ritorno alla natura" con esperienze corporee di movimento, respirazione, alimentazione, ecc.; e in tutto il mondo occidentale, in particolare nel campo della danza e del teatro, si ricerca una nuova coscienza radicata nella corporeità grazie all'apporto di molte donne, tra le quali ricordiamo Isadora Duncan, la quale fa da ponte tra gli Stati Uniti e l'Europa. Questa tendenza si estenderà anche al campo della psicanalisi attraverso l'apporto di Wilhelm Reich, che inaugurerà il filone della psicoterapia corporea, proprio durante il suo soggiorno a Berlino, dove condividerà per alcuni anni la vita con una danzatrice. La sintesi corporea di Freud e Marx operata da Reich, sintesi definita "freudomarxismo", costituirà il riferimento della "rivoluzione sessuale" degli anni Sessanta. Nel secondo dopoguerra, l'eredità di Reich sarà attualizzata dal suo allievo Alexander Lowen, che fonderà l'approccio psicoterapeutico denominato "Analisi bioenergetica", approccio a cui appartengo e che sto sviluppando nell'ottica del movimento per la salute delle donne.
Sul tema dell'aspetto postcoloniale del self-help femminista, riporto le parole di Gena Corea al Convegno internazionale sulla salute della donna organizzato dal GFSD (Gruppo Femminista per la Salute della Donna) a Roma nel giugno del 1977. Corea riporta, a sua volta, il pensiero di Robin Morgan, una pensatrice femminista americana: "Essa (Morgan) afferma che le donne sono un popolo colonizzato il cui territorio, i loro corpi, è stato espropriato e rapinato delle sue risorse naturali: sesso e bambini. Poiché non traiamo benefici dal lavoro (i nostri bisogni sessuali sono spesso ignorati e il peso della cura dei figli ricade tutto su di noi), arriviamo ad odiare il nostro territorio e a vedere in esso l'oppressore. Come è accaduto ad altri popoli colonizzati - scrive Morgan - siamo state espropriate del nostro territorio. Quante donne rifuggono dall'inserirsi da sole il diaframma? Quante donne hanno vissuto e sono morte ignorando di avere la clitoride? Per quante donne la cervice (il collo dell'utero) è ancora  un mistero complesso e inesplorato?...La soluzione è urlare: fuori dalle nostre terre!" (Diff. 6/7, p. 12)
Questa consapevolezza ha permesso a Carol Downer e alle altre donne del collettivo di Los Angeles di iniziare ad utilizzare degli speculum di plastica, per uso personale, dando il via alla pratica dell'autovisita, la quale è stata alla base del self-help femminista.

Una pratica corporea per unire le donne
Il self-help voleva offrire alle donne un'esperienza che le facesse sentire sullo stesso piano, accomunate dalla somiglianza dei loro corpi e delle sensazioni ad essi legate. Allo stesso tempo, voleva valorizzare le diversità, e opporsi all'omologazione, considerata funzionale all'efficienza consumistica, alla mercificazione e all'esibizione narcisistica. Si voleva così favorire anche la creazione di nuove forme di comunicazione tra donne. A questi obiettivi primari si aggiunse presto quello di sviluppare e mantenere contatti tra le donne fuori e dentro le istituzioni sanitarie. I gruppi di self-help elaborarono proposte che si possono sintetizzare nelle seguenti linee-guida:
a) sviluppare modi per aiutarsi tra donne;
b) fondare l'identità su esperienze di corporeità condivisa tra donne;
c) essere valide interlocutrici del sistema sanitario pubblico e privato ed elaborare proposte politiche;
d) recuperare il sapere delle donne sulla salute e sulla cura della vita quotidiana;
e) sviluppare i contatti tra donne fuori e dentro le istituzioni;
f) sviluppare una rete di collegamento tra gruppi di donne a livello nazionale e internazionale.
Come sappiamo questi intenti non superarono la prova della fine della mobilitazione per l'aborto.
Nell'ambito dell'esperienza del self-help, sembra di poter toccare con mano l'intreccio caratteristico del neofemminismo tra "riscoperta della differenza ed utopia dell'identità", come la definisce Yasmine Ergas nel saggio "Nelle maglie della politica. Femminismo, istituzioni e politiche sociali nell'Italia degli anni '70." (F.Angeli, 1986, p.11). Sulla scorta del saggio suddetto, la problematizzazione dell'identità femminile nelle società occidentali sembra caratterizzata dal doppio movimento costituito, da una parte, dalla ricostruzione dei legami interni al "gruppo femminile" e, dall'altra, con la legittimazione di un'identità spendibile nell'arena politica democratica, tra identità condivisa e autonomia rivendicativa. Le donne che praticavano il self-help hanno vissuto in modo particolarmente vivido e denso questo intreccio spesso contraddittorio. La pratica corporea nata per unire le donne ha, dunque, spalancato, allo stesso tempo, aree di contrapposizione e di incertezza sia all'interno dei gruppi di self-help, sia tra le diverse correnti del Movimento, in particolare, rispetto alle correnti più teoriche e politicizzate, così come tra esperte e non esperte nel campo della salute.
Per concludere, possiamo dire che si sia trattato di un'esperienza "cartina di tornasole", di cui salvare la memoria; di un'esperienza particolarmente interessante per la creatività e la complessità in essa contenute, ricca di spunti di riflessione e d'ispirazione. Credo si possa affermare che la pratica del self-help si caratterizzi, inoltre, come un esempio di approccio corporeo alla corporeità in ambito occidentale. Vedremo attraverso gli interventi della giornata come si possano individuare dei fili "sotto traccia" che sono arrivati fino ad oggi; e vedremo anche come il self-help venga recepito oggi da donne che si dedicano ai temi dell'identità e della corporeità, in uno spirito di radicamento e rinnovamento dell'esperienza femminista.  

   


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