lunedì 30 aprile 2012

Pensieri sparsi sulla giornata “Self-help: riparliamone!” di Stefania Girelli

Mi piace osservare la luce che entra dalle finestre, finestre che danno su un cortile sempre sorprendente, quello della Casa internazionale delle donne di Roma. L'aperto è il centro in quella casa, il cielo chiaro si china sopra e ci sono gli alberi e i sassi, la terra.
Una giornata sul self-help: riparlare di donne, anni, pensieri, pratiche, di quarant'anni fa. Ripercorrere, ripensare strade ed esperienze, in un mondo diverso, quello di oggi. Hanno preparato e curato la giornata Livia e Pina.
Una sala quasi piena, donne di diverse età e di diverso aspetto noto - e questo è il primo fugace pensiero che mi colpisce, in questa lunga giornata. E non so bene perché.
Mi arrivano come una ventata le parole di Sandra: esprimono cosa è stato e ha significato osservare il corpo, la vulva, l'interno proprio e delle altre, dentro relazioni che davano senso. É stato forza e leggerezza.

Luciana racconta ed io prendo le sue parole. Dice di un’iniziazione: in gruppo, con la pratica, che non era un esercizio di conoscenza tra amiche - ma un di più, un altro - prendevi forza e sapienza che si riversavano anche altrove. Mi colpisce il passaggio tra corpo e stare al mondo.  Come dire di un corpo femminile, intero, che definisce il proprio spazio.

"Siamo madri ingombranti."
Mi colpiscono le parole scambiate da Luciana e Ines sul compito delle Crone: apparentemente divise tra lasciare, tramandare e restare, rivelare. Mi colpisce il desiderio di riflettere sul rapporto tra le giovani e le più anziane. Ed io, quarantaquattrenne in mezzo e con lo stesso desiderio.
Pina racconta con entusiasmo di studiosa delle carte, tante e sorprendenti, trovate e organizzate, del tentativo di ridare un nuovo valore a quei legami, a quei pensieri, a quella pratica.
E poi c'è una scintilla, come dice Carla, anzi due scintille giovani, Paola e Carmen, affacciate all'orlo di un altro mondo che a volte pare remoto, attraente e misterioso;  mondo di donne che hanno deciso di vivere fortemente fuori dalle cornici, dai riferimenti, dai simboli, dalle relazioni patriarcali ritenute e definite normali, naturali e immutabili. Una scommessa, racconta Donatella, estrema, forte, che ha comportato anche molte lacerazioni.
Tra tutte Silvia, pacata e rigorosa. Le sue parole ordinano, ricordano, esprimono gratitudine per le compagne, maestre, amiche di ora e di ieri.

Nel pomeriggio le parole corrono veloci, si tocca si cerca si ricorda si riflette e si paragona. Parole che costruiscono una strada, dove sia la costruzione sia la strada possono offrire risposte e riformulare domande.
Paragoni tra anni diversi, stagioni diverse, allora e oggi.
Gli anni Settanta, gli anni del self-help, una stagione viva, piena di contraddizioni, di possibilità, di sperimentazioni, dove si era creata una porta, un ponte, un'apertura grande tra quello che era privato e quello che era pubblico, dove i volti delle donne, visti nel documentario della mattina, ma anche lì, nella stanza, esprimevano una leggerezza e una forza poche altre volte riconosciute.
Lo continuo a scrivere e a pensare: forza e leggerezza delle donne di allora, che oggi ricordano e che ancora si chiedono.
"Avevamo uno stile di vita prepotente"
"Avevamo la pancia piena"
"Vivevamo in gruppo"
Si molto, tanto, tutto lo vivevate in gruppo, compreso dire della bellezza di una cervice che si apre per lasciare colare fuori, denso e scuro, il sangue mestruale.
Impensabile oggi è domanda e al tempo stesso affermazione che si rincorre, insieme ad un desiderio incerto. Bisognerebbe trovare un significato, quella conoscenza e quel senso che parte dalla storia del corpo, del ritrovare proprio li, in quel centro, il sapere che inizia e dà forza.

Mi colpisce la descrizione, frammentaria ovviamente, dell'oggi con tinte molto fosche. L'oggi che è toccato in sorte alle anziane, dopo tutta l'opera di civiltà conquistata e costruita in quei giorni.
"Tempi orribili, mai avremmo pensato a un simile sbocco."
Lo stesso oggi che è toccato alle generazioni successive, dagli anni Ottanta in poi.
E' successo passo dopo passo inesorabile: ci si è trovate a vivere nelle risposte conquistate e, nello stesso tempo, si costruivano quelle contraddizioni fortissime che lacerano i giorni, le vite di oggi.
Mi ha colpito sentire dire che le giovani hanno nostalgia degli anni Settanta, trovo sia difficile avere nostalgia di un qualcosa raccontato, studiato, immaginato, a volte ascoltato, ma non vissuto. Dispiacere per non esserci state, scoramento nel continuo paragone tra le due epoche. Forse.
Di quale nostalgia parliamo, mi viene da chiedere?

Quello che sento è che scambi, come quello di sabato, tra generazioni su pratiche, saperi, esperienze, serve a dare forza e protezione alle giovani e più giovani.
Elementi minacciosi, faticosi, avversi, c'erano eccome anche allora, negli anni in cui il self-help aiutava a cercare risposte, e le donne trovavano, costruivano strumenti e parole e liberavano corpi per andare contro, per cercare di vivere piene di sé e piene del mondo. E le risposte sono state diverse tra loro, così come lo erano, come lo sono oggi, le donne.
Forse è lo stesso che si deve ripetere ora, che si può ripetere ora. Gli strumenti e le parole per contrastare questi ultimi anni di modi, parole e limiti patriarcali da qualche parte saranno. Forse sepolti  in un passato recente o in un passato antico; alcune o molte, non saprei, giovani donne e quelle di mezzo, le stanno cercando, o immaginando. Il bisogno di cambiamento e la ricerca continuano, almeno a me sembra, altri bisogni e altre ricerche, quando  il self-help insegnava a non avere paura.
Non so se serva uno shock, come qualcuna suggeriva durante il confronto, forse la ricerca percorrerà altre strade, per ora nascoste e impensate.
Questo passaggio mi colpisce, come elemento più che di similitudine di continuità con il femminismo degli anni Settanta. Un movimento senza violenza, imprevisto, concreto e fortemente desiderato giorno dopo giorno quello del femminismo di allora. Per ora, per oggi, abbiamo la ricerca, e spero  l'imprevedibilità, l'impensato che si scorge finalmente, le relazioni che s’intrecciano.


Le parole di sabato me ne hanno fatte arrivare altre che si sono mescolate prepotenti e dopo a casa, altre parole mi hanno fatto di nuovo raccontare e proprio all'uomo. In un modo che l’ha sorpreso e reso felice. Come me.
Dopo una giornata passata ad ascoltare e a cercare, come una ruota, riverso, trovo un modo diverso di dire e di ascoltare.

Molte grazie a tutte.
Stefania G.

1 commento:

  1. Ho letto questi pensieri sulla giornata di sabato con il duplice desiderio di leggere d’un fiato, andare avanti, arrivare in fondo alle riflessioni e, nello stesso tempo, fermarmi ad assaporare il gusto di alcune affermazioni: semplici, ma talmente vere, vissute, viscerali, da desiderare di fermarmi e rileggere e rileggere ancora quelle parole forti e leggere.
    Io non ho vissuto interamente la giornata di sabato, ma ho ritrovato nelle considerazioni di Stefania un’atmosfera nota, conosciuta e condivisa.
    Nessuna nostalgia.
    Solo la forza e la gioia, che nascono dalla consapevolezza di aver vissuto il femminismo negli anni in cui, tra contraddizioni, paure, rabbia e tenerezza, si cercava la via del cambiamento.
    Marina

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